sabato 31 ottobre 2009

I GRANDI TERREMOTI STORICI DELLA SICILIA ORIENTALE

I GRANDI TERREMOTI STORICI DELLA SICILIA ORIENTALE
(notizie ricavate dal sito dell’INGV)

Introduzione
4 febbraio 1169
10 dicembre 1542
11 gennaio 1693
28 dicembre 1908
15 ottobre 1911
5 marzo 1823
15 gennaio 1968

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Introduzione

Assai numerosi e violenti sono i terremoti, che hanno interessato la Sicilia, di cui si abbia una attendibile testimonianza nelle cronache. Ciò dipende certamente dalla lunga tradizione storica e culturale di questa terra, che si estende a ritroso per svariati secoli, ma è, purtroppo, ugualmente dovuto all'elevata frequenza con la quale eventi sismici disastrosi hanno colpito l'isola.
Il verificarsi di eventi quali quelli del 1693 nella Val di Noto e 1908 a Messina indica in maniera inequivocabile come questa regione sia esposta al potenziale pericolo di vere e proprie catastrofi sismiche e rende conto del fatto che l'areale siciliano, specie nel suo settore orientale, sia considerato a ragion veduta l'area maggiormente sismica dell'intero territorio nazionale.
Nella Tabella vengono elencati i terremoti storici che hanno colpito la Sicilia con effetti pari o superiori all'VIII grado nella scala proposta da Mercalli, Cancani e Sieberg (MCS).
La consapevolezza di questo stato deve rappresentare uno stimolo ad orientare il governo del territorio, attraverso opportune iniziative di pianificazione territoriale e di prevenzione, verso forme di gestione che consentano di minimizzare i rischi e di mitigare gli effetti dei terremoti.
La rassegna di alcuni grandi terremoti, che viene proposta nelle pagine che seguono, è intesa ad illustrare attraverso esemplificazioni essenziali il genere di pericoli a cui è stato esposto in passato il territorio siciliano, per invitare a riflettere sulle iniziative da assumere preventivamente, nell'eventualità che situazioni analoghe si ripropongano in futuro.
Il settore maggiormente colpito in passato, e al tempo stesso maggiormente indiziato di un possibile ripetersi di calamità sismiche, è rappresentato dalla fascia orientale della Sicilia, dal Basso Tirreno al Canale di Sicilia. La vivace tettonica regionale che contraddistingue questo settore e che si esprime attraverso il frequente manifestarsi di terremoti, trova un'ulteriore testimonianza nella presenza di vulcani attivi quali l'Etna, Vulcano e Stromboli. Ciò non significa che la restante parte del territorio siciliano sia esente dal pericolo di eventi sismici, come, purtroppo, dimostrato da terremoti anche recenti che hanno colpito la Sicilia occidentale (terremoto del Belice del 1968). Ci è sembrato, tuttavia, che un più esplicito e costante riferirsi ad esempi riguardanti la Sicilia orientale potesse facilitare la trattazione del tema, sia in virtù della più ampia disponibilità di informazioni che in relazione alla coesistenza in quest'area di fenomeni sismici e vulcanici.
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Il terremoto di Catania del 4 Febbraio 1169


Il terremoto di Catania del 1169 è uno degli eventi più antichi per il quale sia possibile una (pur se parziale) ricostruzione storica degli effetti. L'area maggiormente interessata è quella della Sicilia orientale e della Calabria meridionale, dove sono stati registrati rilevanti danni. Le notizie disponibili sono spesso incerte e confuse, non solo circa i danni prodotti e l'esatta estensione dell'area colpita, ma finanche sull'ora esatta in cui si è verificata la scossa principale. Sembra verosimile che la scossa più violenta sia avvenuta poco dopo il tramonto, come testimonierebbe il fatto che un gran numero di persone rimaste uccise si trovava all'interno della cattedrale di Catania. Il numero complessivo di morti nella sola città di Catania oscilla tra 15.000 e 20.000.
I villaggi più importanti e le città della Val di Noto, Piana di Catania e Val Demone sono stati tutti seriamente danneggiati. Catania, Lentini e Modica, quest'ultima nel ragusano, sono state totalmente distrutte. Rilevanti danni sono stati prodotti a castelli e villaggi posti tra Catania e Piazza Armerina.
La città di Messina è stata raggiunta da un maremoto, prodotto all'evento sismico, e l'onda di marea ha inoltre risalito per 6 km il corso del fiume Simeto distruggendo totalmente il villaggio di Casal Simeto, che non venne mai più ricostruito.
Le cronache storiche riferiscono di importanti modificazioni alla circolazione delle acque freatiche, con il completo inaridimento di alcune sorgenti e la comparsa di nuove. Nella maggior parte dei casi il fenomeno è riferito in forma generica e non consente l'esatta ubicazione delle manifestazioni idriche descritte; dettagliate indicazioni sono esclusivamente fornite per le fonti Aretusa (Siracusa) e Tavi (Assoro).
L'intensità massima stimata è circa dell'XI grado della scala MCS, e risulta confrontabile con quella del terremoto avvenuto nella stessa area nel 1693. L'epicentro, così come nel terremoto del 1693, è posto verosimilmente in mare, lungo la costa tra Catania e Siracusa; il fatto è indirettamente confermato dai maremoti registrati in ambedue i casi.

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Il terremoto della Val di Noto del 10 Dicembre 1542


Il terremoto della Val di Noto del Dicembre 1542 sembra essere stato il meno disastroso tra le catastrofi sismiche che la storia della Sicilia orientale ricordi, anche se i documenti disponibili non consentono una accurata ed inequivocabile definizione della massima intensità macrosismica.
L'evento di maggior intensità si è verificato intorno alle quattro del pomeriggio del 10 Dicembre. L'area in cui sono stati registrati i massimi effetti (area mesosismica, IX-X grado MCS) è decisamente più limitata delle aree mesosismiche riferibili ai terremoti del 1169 e del 1693. I centri urbani che hanno subito effetti di distruzione totale sono quelli di Sortino, Melilli e Grammichele, anche se quest'ultimo si trova molto lontano dall'area mesosismica. I vecchi cataloghi individuano l'epicentro in corrispondenza di Siracusa, ma la mancanza di accuratezza può essere ascritta al fatto che la città di Siracusa è il principale centro urbano prossimo all'area mesosismica.
Oltre ai già menzionati effetti catastrofici a Sortino, Melilli e Grammichele, molti altri centri urbani (Siracusa, Vizzini, Licodia Eubea, Mineo e Lentini) e un gran numero di villaggi hanno subito effetti di distruzione pressoché totale.
Danni gravi sono stati registrati anche a Catania, Augusta, Noto, Caltagirone, Militello in Val di Catania e in numerosissimi castelli della Val di Noto. L'evento sismico principale è stato seguito da numerose repliche protrattesi per circa 40 giorni.

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Il terremoto della Val di Noto dell'11 Gennaio 1693


Il terremoto della Val di Noto dell'11 Gennaio 1693 rappresenta, assieme al terremoto di Messina del Dicembre 1908, l'evento catastrofico di maggiori dimensioni che abbia colpito il territorio italiano in tempi storici. L'evento ha provocato la distruzione totale di oltre 45 centri abitati, interessando con effetti pari o superiori al IX grado MCS una superficie di circa 5600 Km2 e causando un numero complessivo di circa 60.000 vittime.
La sequenza sismica che comprende questo terremoto con effetti davvero devastanti, è iniziata il giorno 9 Gennaio 1693 e si è protratta per circa 2 anni con un numero elevatissimo di repliche (circa 1500 eventi). L'evento principale (XI grado MCS) si è verificato alle ore 9 della sera dell'11 Gennaio, dopo che alcune scosse di minore intensità (circa VIII grado MCS) si erano già fatte sentire la sera del giorno 9 e la mattina (?) dello stesso giorno 11. Il numero più elevato di vittime è stato registrato nella città di Catania, dove sono morti circa i 2/3 della popolazione.
Le caratteristiche dell'evento principale consentono di considerarlo, per molti aspetti, simile al terremoto del 4 Febbraio 1169 e suggeriscono che la struttura sismogenetica sia posta in mare, non lontano dalla costa tra Catania e Siracusa (Augusta?). Una indiretta conferma di questa ipotesi è fornita dal maremoto associato all'evento sismico che, anche in questo caso come nel 1169, ha colpito la costa ionica della Sicilia. La profondità ipocentrale stimata per l'evento principale è di circa 20 Km.

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Il terremoto di Messina del 28 Dicembre 1908


Il terremoto di Messina del Dicembre 1908 rappresenta, come già ricordato a proposito del terremoto della Val di Noto del 1693, uno dei due eventi sismici più catastrofici che la storia italiana ricordi.
L'evento sismico di maggior intensità (Imax = XI grado MCS) si è verificato nelle prime ore del mattino del 28 Dicembre ed è stato seguito, nello stesso giorno, da tre repliche che hanno raggiunto intensità massima pari all'VIII grado della scala MCS. La profondità ipocentrale dell'evento principale è stata stimata a circa 15-20 Km, in corrispondenza dello Stretto di Messina.
Malgrado il terremoto venga comunemente ricordato in letteratura come il "terremoto di Messina", gli effetti di massima intensità sono stati registrati nella città di Reggio Calabria, dove i danni percentuali al patrimonio edilizio e la perdita di vite umane sono stati certamente più elevati. I danni assoluti sono stati, però, decisamente maggiori a Messina, e ciò in virtù del fatto che la città di Messina era a quel tempo molto più densamente popolata (circa 90.000 abitanti contro i 27.000 di Reggio Calabria). Ampia incertezza sussiste ancora sul numero totale di vittime che, secondo i diversi Autori, oscilla tra 60.000 e 120.000.
Il terremoto è stato associato ad una violenta onda di marea che ha interessato le coste siciliana e calabrese, confermando la localizzazione in mare dell'epicentro.

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Il terremoto di Fondo Macchia (versante orientale etneo) del 15 Ottobre 1911


Il terremoto etneo del 15 Ottobre 1911 è qui riportato quale esemplificazione di una sismicità che caratterizza l'intero areale del vulcano Etna e, in forma più spiccata, i sui versanti meridionale ed orientale. Questa sismicità si differenzia sostanzialmente dalla sismicità regionale che riguarda la fascia orientale siciliana, da Messina a Capo Passero, ed è tipicamente rappresentata da terremoti, anche molto violenti, che per il loro carattere superficiale determinano una spiccata concentrazione degli effetti di massima intensità su aree molto limitate.
L'area mesosismica di questo terremoto, in cui sono stati registrati effetti del X grado MCS, presenta una estensione complessiva che supera di poco i 3 Km2 e risulta del tutto trascurabile se confrontata, ad esempio, con l'areale esteso alcune migliaia di Km2, interessato da effetti distruttivi durante il terremoto della Val di Noto del 1693. I danni più gravi sono stati registrati a Fondo Macchia, Baglio, Rondinella e Mangano, dove si è verificato il completo collasso di molte strutture. Il terremoto ha causato circa un centinaio di feriti e tre morti, provocando altresì una temporanea crisi nell'economia della regione.
Appariscenti effetti di fratturazione del suolo, con la formazione di ampi crepacci, si sono diffusamente manifestati nell'area mesosismica a causa del carattere molto superficiale del sisma, la cui profondità ipocentrale è stata stimata a circa 1 Km. La morte per asfissia di una delle vittime a Fondo Macchia si deve proprio alla sua caduta in uno di questi crepacci, che si è poi rapidamente richiuso per il franamento delle pareti.
Dati strumentali rilevati dalla stazione sismografica presso l'Università di Catania testimoniano che la scossa principale è stata preceduta da oltre 40 eventi precursori di minore intensità, alcuni dei quali avvertiti dagli abitanti della regione.


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Il terremoto di Cefalù del 5 Marzo 1823

La sismicità della Sicilia orientale, illustrata nei precedenti esempi, rappresenta la principale espressione della dinamica attuale che caratterizza questa porzione del bacino del Mediterraneo e certamente riveste la massima importanza nella valutazione dei possibili effetti di futuri movimenti tellurici in Sicilia.
È, peraltro, da rilevare che altre zone dell'isola sono state in passato interessate da terremoti che hanno procurato danni rilevanti e perdite di vite umane e che hanno avuto origine in aree sismogenetiche distinte da quella del settore orientale siciliano.
Un'area sismogenetica con caratteristiche distinte e autonome rispetto a quelle della Sicilia orientale è rappresentata dal margine tirrenico dell'isola, dove anche in tempi molto recenti (terremoto del Golfo di Patti, Aprile 1978; terremoto di Pollina, Giugno 1993) si sono registrati sintomi di una dinamica tuttora viva e per nulla sopita.
Il terremoto del 5 Marzo del 1823 non è certamente uno dei terremoti più gravi che si sia verificato in questa regione, ma la scelta di illustrarne sinteticamente gli effetti è derivata da alcune sue caratteristiche che consentono di richiamare l'attenzione su aspetti specifici meritevoli di attenzione; tra questi vale ricordare lo sviluppo asimmetrico e l'ampia estensione della zona gravemente colpita e l'apparente anomalia di alcuni effetti in settori periferici rispetto all'area mesosismica.
La scossa principale (intensità massima pari al X grado MCS) si verificò nel tardo pomeriggio del 5 Marzo e fu preceduta da alcuni eventi precursori di minore intensità registrati a metà del precedente mese di Febbraio e nel primo pomeriggio dello stesso 5 Marzo. Il quadro temporale che si riferisce alle repliche non è del tutto chiaro, ma sembra che una diffusa sismicità si sia protratta fino a tutto il mese di Agosto, anche se alcuni Autori ritengono che non tutti i terremoti di questo periodo possano essere interpretati come repliche dell'evento del 5 Marzo.
L'area maggiormente colpita dal terremoto comprende il tratto di costa tra Capo d'Orlando e Capo Calavà e, nell'entroterra, i centri abitati di Patti e di Naso; quest'ultimo è certamente quello che ha subito i maggiori danni. L'epicentro del terremoto è da porsi certamente in mare, come confermato anche dall'onda di marea che colpì un esteso tratto di costa, anche se comunemente si tende a identificarlo con l'abitato di Naso, dove fu registrato il massimo danno. A Naso la catastrofe fu evitata grazie al verificarsi dei due eventi precursori distintamente avvertiti dalla popolazione nelle prime ore del pomeriggio. A causa di quelle scosse, di più modesta entità, ma pur sempre tali da ingenerare un certo panico, la maggior parte della popolazione aveva abbandonato le proprie case rifugiandosi nei campi; questa fortunata condizione fece sì che il numero delle vittime fosse limitato a due. Il campo macrosismico, nel suo insieme, mostra uno spiccato allungamento in direzione parallela all'andamento della costa, ma risulta interessante notare come gli effetti si smorzino rapidamente ad oriente dell'epicentro mentre tendono ad estendersi in direzione occidentale.
Pur in un siffatto contesto di spiccata asimmetria del campo macrosismico, risulta comunque singolare la constatazione degli effetti a Palermo, ad una distanza di circa 100 Km dall'epicentro, dove fu registrato il crollo totale di numerosi edifici, la morte di 19 persone ed il grave ferimento di altre 25. La maggior parte dei ricercatori che si è occupata dello studio di questo terremoto è concorde nell'attribuire la cause di questa spiccata anomalia, che ha riguardato l'abitato di Palermo, a fattori di natura topografica e geologica che hanno prodotto la locale esaltazione degli effetti. Un ulteriore e rilevante aspetto che ha contribuito ad aggravare i danni osservati a Palermo è rappresentato dal fatto che molti edifici in quella città erano stati già gravemente danneggiati dal terremoto del 1726 (durante il quale morirono circa 400 persone) che ne aveva pertanto compromesso le caratteristiche di resistenza.

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Il terremoto del Belice del 15 Gennaio 1968


Un altro settore della Sicilia interessato in tempi storici da eventi sismici disastrosi è rappresentato dalla porzione occidentale dell'isola, nell'area che comprende parzialmente le province di Trapani e Palermo. Anche in questo caso è possibile riconoscere una distinta individualità delle strutture sismogenetiche che sono all'origine della sismicità in quella regione, chiaramente distinte dalle strutture che governano il rilascio di energia sismica rispettivamente nella Sicilia settentrionale e orientale
Il più recente degli eventi sismici con effetti disastrosi nella Sicilia occidentale è quello verificatosi il 15 Gennaio 1968 e noto come il "Terremoto del Belice".
L'attività sismica ha cominciato a manifestarsi con una serie di eventi precursori di minore intensità che hanno avuto inizio il giorno precedente il terremoto principale e si sono protratti con una serie di repliche registrate fino all'estate dello stesso anno. Considerando nei dettagli le caratteristiche del sisma è opportuno rilevare che nella fattispecie non si è trattato di una singola scossa distruttiva ma di una sequenza costituita da almeno tre eventi di uguale intensità, due dei quali verificatisi il giorno 15 Gennaio, a mezzora l'uno dall'altro, seguiti da un terzo, verificatosi nel pomeriggio del giorno successivo. Un quarto evento, di intensità leggermente inferiore ma tuttavia in grado di produrre seri danni in un territorio già provato degli eventi precedenti, è stato registrato nella mattinata del 25 Gennaio.
I centri abitati di S. Ninfa, Gibellina, Salaparuta, Montevago e S. Margherita Belice hanno subito effetti di distruzione pressoché totale, e gravemente danneggiati sono risultati anche gli abitati di Salemi, Poggioreale e Partanna. Nell'area mesosismica gli effetti sono stati valutati pari al X grado MCS. Il terremoto ha causato la perdita di 296 vite umane.



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